32mo Trieste Film Festival

Doppio premio a Otac (Padre), dramma contemporaneo

L’unico film ad aver collezionato due premi è stato il lungometraggio Otac (Padre). Per il CEI (Central European Initiative ) era  il film della sezione che meglio interpreta la realtà contemporanea. Anche il pubblico, coinvolto quest’anno come giuria, e molto numeroso per la modalità on-line del Festival, gli ha attribuito il primo premio dei lungometraggi.

Cosa comporta la povertà vera

Otac, di  Srdan Golubovic, (Serbia, Francia, Germania, Croazia, Slovenia, Bosnia-Herzegovina, 2020 ), già proiettato a Berlino nel 2020, è di grande attualità per la descrizione di cosa è la povertà vera. Uno stato di totale fragilità ed impotenza. Che ti toglie la capacità di ribellarti e la coscienza dei tuoi diritti. Ti licenziano senza neppure darti tutti i soldi che ti spettano. Se li hai richiesti e non te li hanno dati, capisci di essere senza difese.

Cosa fare

Nikola, il padre del titolo, in un’eccellente interpretazione di Goran Bogdan, pensa allora che l’unica risorsa che ha è il suo corpo, che non richiede soldi per azionarsi. E si incammina a piedi verso Belgrado, distante 300 km dalla cittadina serba in cui vive, per consegnare nelle mani del ministro la richiesta di riavere i suoi due figli, che gli sono stati tolti perché giudicato troppo povero per offrire loro un ambiente di vita dignitoso. Il buon senso direbbe che i Servizi sociali locali ti aiutino a cercare un lavoro o a recuperare il salario non pagato. E invece sono in mano a un direttore violento e corrotto: gli è facile “tenere sotto” il povero che lavora occasionalmente.

Ecco perché Nikola intraprende questo immane viaggio, durante il quale il suo corpo cede più volte, per mancanza di cibo e di energia. Gli dedica attenzione solo la stampa, intervistandolo per questa impresa eroica, dopodiché le istituzioni lo ricevono, ma solo per salvare le apparenze.

Una narrazione efficace

Una sottile, continua suspence è mantenuta, fotogramma dopo fotogramma, da Golubovic, regista quarantottenne, già premiato a Berlino dalla Giuria Ecumenica nella sezione Forum col suo precedente  lungometraggio, Circles. Narratore assai efficace di un’epopea che già dalla sfilza di nazioni che hanno contribuito a produrre questo film, racconta della globalizzazione della povertà in una zona d’Europa dove le continue guerre hanno avuto, fra le conseguenze, una drastica riduzione dei posti di lavoro. Una situazione destinata a durare, visto l’imperversare della pandemia.

 

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